Se mi segui da un po’, sai che rimango sempre affascinato dalle storie di sport.
Avventure incredibili di persone normali, che guidate da un sogno riescono a compiere imprese straordinarie.
Oggi voglio parlarti di un ventottenne etiope che ha vinto una maratona olimpica.
E fin qui niente di particolarmente eccezionale.
Come sempre però, a rendere memorabile la sua impresa tanto da consegnarla alla storia, sono state le condizioni in cui si è realizzata.
Siamo nel 1960, è un pomeriggio di settembre, caldo come solo Roma sa essere. La cornice è quella delle olimpiadi estive.
Ai blocchi di partenza della maratona, si presenta un ragazzo che nessuno ha mai visto prima. Uno sconosciuto, alla sua prima apparizione ai giochi.
Per la verità è addirittura la sua terza gara in tutta la carriera: ha messo le scarpette da corsa per la prima volta solo quattro anni prima.
Come ogni storia che si rispetti, non era previsto che partecipasse ai giochi.
Al suo posto ci sarebbe dovuto essere il connazionale Wami Birat, che però all’ultimo minuto ha dato forfait a causa di un infortunio.
Tocca a lui quindi.
Con la canottiera verde, a rappresentare la sua Etiopia, il ventottenne Abebe Bikila sta per consegnare il proprio nome alla storia.
Dopo 42km e 195m infatti, il ragazzo batte il favorito Sergej Popov, campione dei Giochi Europei del 1958, riuscendo a rubargli il record del mondo.
Per la prima volta, l’Africa è sul gradino più alto del podio. Se oggi per noi è normale vedere atleti etiopi e kenioti vincere le maratone, lo dobbiamo al giovane Abebe.
E se tutto ciò non bastasse, a rendere ancor più memorabile quell’impresa fu un’ulteriore vicenda incredibile.
Già, perché devi sapere che quel giorno Bikila decise di correre SENZA SCARPE.
Ripeto, senza scarpe. Hai letto bene. A piedi nudi. Sul bollente asfalto della città eterna, oltre 42km corsi a piedi nudi.
Scommetto che ti starai chiedendo il motivo di una simile pazzia.
Ebbene, il giovane etiope ha dichiarato che avrebbe corso scalzo “per sentire cosa mi sussurra la strada”.
Il contatto del piede con il terreno, le sensazioni che provengono dalle gambe, le diverse consistenze del fondo stradale che inevitabilmente modificano l’andamento della corsa.
Siamo ancora una volta parlando di propriocezione, portata a livelli estremi.
Ricordi?
Ti ho parlato di propriocezione anche in questo articolo.
Quando parlavamo di Novak Djokovic e della sua decisione di rinunciare ai tornei del Grande Slam.
Per riassumere brevemente il concetto, si tratta della capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, senza il supporto della vista.
Ovvero una sensibilità enorme nel proprio corpo e nelle informazioni che tramette in ogni momento in risposta agli stimoli esterni, che possono essere il peso diverso di una racchetta che non è la propria, o il differente impatto che un manto stradale ha sugli arti inferiori rispetto ad un altro.
In particolare è noto a tutti gli atleti come il piede sia fondamentale nella corsa, poiché ha ben tre funzioni.
- Adeguarsi alla superficie sulla quale corriamo in modo da assorbire l’impatto con il terreno
- Sostenere il peso del corpo e fare maniera che questo proceda
- Tenere costantemente aggiornato il sistema nervoso sulle oscillazioni della nostra massa corporea, in modo da poter in automatico ottimizzare la tecnica di corsa per migliorare la performance ed evitare infortuni
E questo era ben noto al giovane Bikila.
In natura tuttavia non è previsto che l’uomo abbia dei supporti rigidi sotto ai piedi, come le scarpe. Il nostro corpo è progettato e costruito per appartenere ad un animale che vive di caccia e raccolta, non un essere evoluto che si veste alla moda.
Quindi, seppur proteggendo i nostri piedi quotidianamente, le scarpe tradizionali ci tolgono tutte quelle afferente sensoriali che ci vengono dal contatto dei piedi con l’asfalto o con il terreno in generale.
Ma quindi? Addio propriocezione?
Per fortuna no! Esistono al giorno d’oggi numerosi modi per poter ovviare alla ridotta sensibilità propriocettiva delle scarpe, pur rimanendo nel comfort dell’avere un filtro tra la pelle e gli insulti della strada
Una di queste soluzioni è quella offerta dall’azienda veneta Vbiram, che colgo l’occasione per ringraziare per il fatto di sponsorizzare noi di Cross Cardio e fornirci i suoi meravigliosi prodotti.
Quest’azienda infatti ha studiato una tecnologia particolare, che ha concretizzato nel suo modello iconico, le five fingers.
Per quanto possano essere “eccentriche” e talvolta non incontrare i gusti estetici di molti, tutti quelli che le hanno provate sono rimasti estasiati dalla sensazione di ritrovato contatto con il terreno, dallo sconvolgente numero di informazioni che i loro piedi hanno ricominciato a trasmettergli, e da come sia drasticamente migliorata la qualità dei loro allenamenti già in funzione di queste afferente.
Trovi il catalogo vibram a questo link
https://eu.vibram.com/en/shop/shop-all-footwear-1/
Che dire, il giovane Abebe sarebbe d’accordo con questa scelta e chissà, se le avesse avute anche lui 62 anni fa, probabilmente il record del mondo che ha stabilito sarebbe stato ancora più difficile da battere.